A suggerirlo sono gli esiti di uno studio condotto su 53 adulti normoudenti e pubblicato su Audiology Research.
Sembra che i rumori di fondo durante una conversazione non distraggano gli interlocutori. Anzi, avrebbero addirittura la capacità di far aumentare l’attenzione e migliorare la comprensione di chi vi partecipa: almeno questo è quanto emerge dagli esiti di una ricerca scientifica pubblicata su Audiology Research. Esiti che in parte sembrano contraddire l’opinione diffusa per cui sarebbero da intralcio nell’ascolto ottimale del parlato.
Come precisa l’autore dello studio, il dott. Naveen K Nagaraj proveniente dalla Utah State University, la comprensione del discorso parlato richiede operazioni a diversi livelli di analisi linguistica. Analisi che prevedono l’elaborazione fonologica, lessicale, sintattica e semantica del discorso in entrata. Altrettanto rilevanti sono i segnali contestuali come, per esempio, le informazioni pregresse archiviate nella memoria a lungo termine.
Nello specifico, è la memoria di lavoro uditiva a consentire l’apprendimento delle informazioni parziali e la comprensione del messaggio nella sua interezza. Cosa che, in teoria, potrebbe essere resa più complicata in presenza di rumori di fondo. Lo studio, quindi, aveva l’obiettivo di indagare gli effetti dei disturbi sonori in sottofondo su ascolto, attenzione e memoria di lavoro uditiva.
Rumori di fondo e comprensione del parlato: lo studio
L’autore dello studio ha raccolto i dati di 53 soggetti adulti con udito normale tra i 18 e i 37 anni. I partecipanti hanno eseguito tre test di comprensione del parlato: una lezione, un’intervista e un test di narrazione orale. Il livello di rumore è stato calibrato affinché l’intelligibilità del parlato raggiungesse almeno il 90%.
Gli esiti sono stati alquanto sorprendenti: la comprensione del parlato, l’attenzione e la memoria di lavoro uditiva sono risultate migliori quando c’erano rumori di sottofondo rispetto alla situazione di silenzio.
“I partecipanti hanno elaborato le informazioni più velocemente nel rumore e lo hanno fatto in modo accurato, hanno spostato in modo più efficace la loro attenzione sull’aggiornamento/riprova degli elementi di richiamo all’interno della memoria di lavoro uditiva” si legge tra le conclusioni.
Non solo. Sono risultati migliori anche tempi di reazione, identificazione dello stimolo sonoro e commutazione dell’attenzione uditiva. Tuttavia, i risultati ottenuti in questo studio si applicano al rumore di fondo non informativo e sono necessarie ulteriori ricerche per esaminare questi risultati utilizzando anche rumori più intensi.
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